Un paese extracomunitario
I primi pianti e le prime gioie
[...]
Non
avrei
mai
immaginato
di
trascorrere
una
vita
in
un
paese
estraneo.
Sono
bizzarri
i
percorsi
della
vita?
Passi
involti
come
un
bambino
piccolo
al
buio.
Un
bambino
che
vuole
essere
retto
ma
da
chi?
Maturare
in
un
luogo
dissimile,
lontano
dalle
nostre
culture.
Colloqui
con
esseri
umani
al
di
fuori
dell’Europa
unita.
Paesani
espatriati
per
lo
stesso
motivo
‘Lavoro’.
Tutti
sparsi
sul
continente
Alemanno
immersi
in
avventure
per
un
futuro
migliore
assalendo,
vuoi
o
non
vuoi,
un’altra
lingua,
un’altra
cultura
e
soprattutto
un’altra
mentalità.
Poi
con
il
passare
del
tempo
fai
nuove
conoscenze
con
tante
origini
umane.
Ti
diplomi
o
lavori
ed
è
il
tuo
primo
entusiasmo, le tue prime amarezze e le prime sofferenze.
I
primi
pianti
e
le
prime
gioie.
Sì,
ti
rendi
conto
che
pian
piano,
ti
progressi
e
sviluppi.
Ti
trasformi
adulto,
maturo,
sì,
sei
un
maggiorenne.
E
poi?
Incontri
la
donna
dei
tuoi
sogni.
Sei
preso
d'amore,
innamorato.
Ti
trovi
in
mezzo
alle
nuvole
e
non
sai
per
quale
ragione.
Tutto
ha
l'aspetto
così
chiaro
e
dolciastro
affinché
un
bel
giorno,
ti
scuota
il
mondo
dentro.
Non
sai
per
quale
motivo.
Vai
in
cerca
di
spiegazioni
e
sentenze
ma
non
lo
trovi.
Dio
perché
ci
hai
ceduto?
Poi
ti
rendi
conto
che
la
vita
diventa
ripetitiva
e
tanta
unione
matrimoniale
si
formano
in
un’abitudine.
L’amore
che
avevi
tanto
desiderato
si
scopre
inconsistente.
Dai
al
mondo
figli,
un
frutto
da
un
amore
desiderato
che
soffrono
sotto
inquietudine
infiltrandosi
dei
valori
svantaggiosi.
Man
mano
diventi
una
persona
anziana,
guardi
indietro
nel
passato
e
ti
rendi
conto
che
non
puoi
ripetere
i
passi
che
hai
scavalcato.
Avresti
magari
voluto
cambiare
qualcosa
o
dire
tante
parole
diverse
o
forse
pronunciare
alla
persona
che
per
vari
motivi
non
hai
sposato
‘Ti
ho
sempre
amato’
tuttavia
tutto
ciò,
non
è
più
possibile
eppure
…
C’è
una
possibilità
di
rimediare?
[...]
Il giorno della partenza
[...]
Un
giorno
molto
diverso
dall’altro.
Oscuro,
nebbioso,
pieno
d’acqua
e
sopratutto
molto
triste.
Dandosi
che
non
avevo
patente,
mio
fratello
Giovanni
mi
diede
uno
strappo
all’aeroporto.
La
famiglia
Blanco
si
trovava
già
lì
davanti
al
Check-in.
Avevano
appena
finito
di
testarsi.
“Buongiorno.“
Non
era
per
niente
un
buon
giorno.
Un
saluto
polare
come
se
stesse
per
verificarsi
qualcosa
d’anormale.
Come
se
si
partiva
ad
onoranze
funebri.
Rosaria
e
molto
colpita
e
io
lo
ero
più
di
lei.
Ci
mancavano
le
parole
che
tanto
si
sospiravano.
Si
stava
tutti
lì
angosciati
con
gli
sguardi
verso
il
suolo.
Non
si
aspiravano
gli
occhi.
Ormai
e
arrivato
l’ora
di
andare,
si
proprio
cosi, andare lontano con un dubbio che mi torturava. Il Gate si aprì.
"Ciao Franco“ mi diede un bacio sulla guancia davanti hai suoi.
“Poi ci scriviamo. Aspettami.“
Queste
sono
state
le
sue
ultime
parole.
I
nostri
sguardi
non
volevano
scollarsi,
si
piangeva
dentro.
I
miei
occhi
restarono
lì
ad
ammirarla
affinché
non
si
vedessero
più.
No,
non
la
vedo
…non
la
vedo
più.
Volevo
solo
morire.
Il
mio
cuore
era
già
quasi
morto,
mi
pestava
e
mi
bucava.
Oh
mio
Dio,
fai
che
tutto
questo
non
sia
vero.
Tre
mesi
sono
lunghi
molti
più
ampi
degli
anni.
Ciao
Amore,
ci
vediamo.
Da
quell’istante
mi
crollò
il
mondo
nell'animo.
Mi
chiusi
in
me
stesso.
Non
parlavo
con
nessuno.
Casa
e
lavoro.
I
miei
genitori
iniziarono
ad
inquietarsi,
desideravano
che
io
andassi
fuori
con
degli
amici
e
svagarmi.
Non
me
la
sentivo
di
svagarmi
vivevo
in
lei
e
con
lei,
anche
se
si
trova
lontana.
Non
so
quante
lettere
ci
siamo
scritti.
La
Band
era
rimasta
l’unica
distrazione.
Amavo
la
mia
musica
ma
non
trovavo
le
note
giuste
per
coprire
la
solitudine.
Le
mie
corde
vocali
tremavano
al
pensiero
di
cosa
stia
facendo
in
quest’istante.
La
lettera,
era
l’unica
catena
che
ci
legava
a
più
di
sedicimila
e
seicento
chilometri.
Ogni
giorno
mi
domandavo
cosa
sta
facendo
la
mia
Sara?
Come
passa
le
sue
giornate?
Tanti giorni erano passati affinché un bel giorno... [...]
Viviamo tutti sotto lo stesso cielo
Quando da un amore nasce un amore
[...]
Dopo
un
quasi
lungo
viaggio,
arrivammo
il
20.2.1990
a
Parigi.
Madonna
che
caos
di
traffico.
Non
c’impiegai
molto
ad
abituarmi
dandosi
che
da
noi
in
Italia
non
ci
si
guidava
tanto
meglio.
Eravamo
talmente
innamorati,
felice,
allegri.
Una
prenotazione
per
un
hotel
non
fu
stabilita,
ma
tanto
chi
se
ne
frega
“Franco
ma
tu
sai
parlare
Inglese?“
disse
Margherita,
mi
fissava
come
se
attendesse
la
mia
risposta
prima
che
la
facesse
“Come
no,
non
preoccuparti,
me
la
cavo,
per
questo
so
come
comportarmi”
risposi
sicuro
e
mentre
guidavo,
vidi
una
segnalazione
con
l'iscritta
HOTEL
DE
VILLE.
“Hai
visto,
cosa
ti
ho
detto,
un
Hotel
ci
si
trova
sicuro.”
Vada
per
la
segnalazione. Strano…non ci si vedeva più e mi fermai per domandare ad un passante.
“Hm!…hm!
Sir…
we
search
Hotel
de
ville,
but
we
choose
a
wrong
way!
Where
is
the
right
way
to
Hotel
de
ville,
please!“
Mamma
che
sudata
per
dirgli
queste
due
parole
e
il
passante
“You
drive
in
this
direction…Bla…
Bla…
Bla…” Santo cocomero come a parlato veloce a parte la figuraccia. [...]